La contemporanea pop

"The Hague Hacking" di Andriessen a Rai NuovaMusica

Recensione
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La cosa più divertente dell’osmosi di pubblico (rubo la definizione da Daniele Martino, che ne ha parlato sul suo blog) è il diverso rapporto con gli spazi musicali. Il foyer dell’auditorium Rai, che ospita Rai NuovaLounge per il set elettronico pre-concerto e il remix dell’intervallo, è una specie di limbo in cui si aggirano tanto distinti maschi benvestiti con le loro femmine impellicciate (l’estinguenda specie degli “abbonati”) quanto giovani amanti dell’elettronica, un po’ fighetti, un po’ alternativi. L’abbonato guarda in alto (con notevole torcicollo) per seguire la performance del dj, che domina l’atrio come fosse un dancefloor. Il giovane, padrone del foyer, che affronta con indifferente coolness, non si mostra a suo agio con i riti della sala: i lunghi applausi, il non entrare a concerto iniziato, il non marcare il tempo scuotendo la testa nei passaggi più ritmici.
La serata comincia con la prima assoluta di Giorgio Colombo Taccani (“Memoria” per orchestra), poi l’attesa prima italiana di “The Hague Hacking” di Louis Andriessen, con le Labèque, ben rielaborata nell’intervallo da PassEnger e xluve. Il remix dona maggiore spazialità alla prima parte, lavorando di effetti sul lento inizio, giocato sull’incastro di note ribattute dei due pianoforti e del rullante; poi, man mano che si aggiungono elementi, tende a focalizzarsi su cellule ritmico melodiche, scegliendo di semplificare lo sviluppo del brano.
Nella seconda parte “Traverses 1, 2 & 3” di Frédéric Durieux, “Exquisite Corpse” di Anders Hillborg (questi due anche in prima italiana) e le “Quatre dédicaces” di Berio. Il colpo di fulmine è senz’altro il brano di Hillborg, il cui titolo allude al gioco dadaista di completare una frase senza conoscere il contenuto della prima parte: il brano in effetti si apre su un lunghissimo accordo suonato dagli archi, e finisce in un tripudio quasi-afro di percussioni. Un’eterogeneità di materiali che – se per il citato “abbonato” e forse per Hillborg stesso rimanda al dadaismo - al “giovane alternativo” (categoria di cui mi pregio di far parte) suona naturalmente pop (nel senso culturale del termine), anche per uno sviluppo narrativo – diciamo così – relativamente lineare.
Che la ostica contemporanea sia in realtà meno “lontana” di quanto si crede?
Se due indizi fanno una prova… per il meraviglioso “The Hague Hacking” Louis Andriessen ha affermato di essersi ispirato a una melodia di cui non ricordava il nome: la “Rapsodia Ungherese n.2” di Liszt? No. “The Cat Concerto”, dall’immortale repertorio di Tom & Jerry.





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