Storia critica e sentimentale della canzone napoletana

La Storia della canzone napoletana (1824-1924) di Pasquale Scialò ripercorre gli "anni d'oro" della tradizione musicale partenopea

Scialò, Storia della canzone napoletana
Articolo
world

Pasquale Scialò
Storia della canzone napoletana (1824-1924)
Vicenza, Neri Pozza 2017, 
331 pp., € 28,00, con cd allegato

Non c’è altro luogo in Italia che possa fregiarsi del titolo di città-cantante. Per quale misteriosa ragione il nome Napoli evoca prima ancora che una metropoli, un simbolo dell’immaginario poetico musicale? Da molti anni Pasquale Scialò studia e ricerca le tracce storiche della forma di canzone fiorita da radici più antiche nella prima metà dell’Ottocento. Una canzone che è teatro dei sentimenti, nata in una città che è teatro delle voci, perché a Napoli la vocalità ha connotati particolarmente intensi e spettacolari. Ma quello che sembra nascere da una vocazione e da una sorta di predestinazione è anche il frutto di una ingegnosa costruzione retorica, che ha saputo sfruttare le doti quasi innate di un popolo il cui temperamento e la cui filosofia di vita sembra sublimarsi nella poesia cantata.

Nel raccontare le vicende legate allo sviluppo della canzone urbana nel XIX secolo l’autore cerca di sciogliere il groviglio sentimentale e retorico che la circonda, efficacemente sintetizzato nella espressione “nu filo ’e voce nu chilo ’e core”  fatto di leggende metropolitane e di aneddoti, di campanilismo autoreferenziale e di paternità pseudo storiche, per evidenziarne le dinamiche produttive che la collocano nel quadro più generale della diffusione della popular music tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, corrispondente alla sua epoca d’oro. Ritenendo più appropriata la definizione di canzone “d’autore” per quella che viene comunemente definita come “canzone classica napoletana”, e sulla base della consultazione di numerosi documenti, editi e inediti, che comprendono riviste, partiture, autografi, fogli volanti, e naturalmente dischi e libri e molto altro ancora, Scialò suddivide cronologicamente le sue trasformazioni e le sue principali aree tematiche in quattro distinti capitoli: “Canzone in cerca d’autore 1824-1879”; “Canzone d’autore 1880-1899”; “Canzone migrante 1900-1918”; e “Canzone lacrimogena 1919-1930”.

Scialò, storia della canzone napoletana

Nonostante le difficoltà generate dal confine non sempre netto fra tradizione orale e creazione autoriale, la genesi del fenomeno della canzone napoletana è legata all’intraprendenza di una famiglia di editori musicisti di origine francese stabilitasi a Napoli all’inizio dell’Ottocento, i Cottrau, di cui si parla diffusamente nel primo capitolo. Le antologie I Passatempi musicali conobbero una diffusione che andò ben oltre i salotti napoletani alle quali sembravano inizialmente destinate. Quelle “airs nationaux” che comprendevano serenate, tarantelle, barcarole e altri canti, erano il condensato di materiali musicali eterogenei, in parte di strada e rurali, adattati per essere eseguiti con l’accompagnamento del piano nelle abitazioni borghesi, e di cui si servì anche Franz Liszt per i suoi Années de Pèlerinage.

Tra il pittoresco e il popolare questo repertorio di “seconda immediatezza” è stato ripreso e ampliato da altri editori, rappresentando il substrato che ha acceso l’interesse verso il mondo musicale partenopeo a livello nazionale e internazionale. L’esempio più interessante e vitale è offerto dalla formidabile ittiomachia rappresentata da "Lo Guarracino", il cui nucleo risale ad una trascrizione fatta da Wilhelm Müller – l’autore dei versi dei Winterreise di Schubert – durante il suo viaggio in Italia del 1817, pubblicata postuma in Egeria. Raccolta di poesie italiane popolari nel 1829, che nel corso del tempo si è ramificata in una serie di costanti sviluppi e rielaborazioni.

La fortuna editoriale della canzone napoletana, costituita anche dai fogli volanti e dalle copielle, coincide con la comparsa dei capolavori entrati a far parte del suo principale repertorio, ma il vero e proprio boom di cui si tratta nel secondo capitolo è determinato dal concorso istituito in occasione delle feste di Piedigrotta. L’ossatura della narrazione storica di Pasquale Scialò è costruita attorno ai testi originali delle principali canzoni citate, affiancati da traduzioni in italiano, delle quali si racconta genesi e fortuna, poiché nei loro versi sono frequentemente contenute illuminanti definizioni e riflessioni sulla natura e sulla poetica di questa forma d’arte urbana. Oltre ad evidenziare il contributo creativo dei suoi principali protagonisti, come ad esempio Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo, distinguendo e ricordando il ruolo dei posteggiatori e dei gavottisti oltre a quello dei musicisti eruditi, Scialò mette progressivamente in rilievo i generi e sottogeneri che rappresentano le molteplici sfaccettature della multiforme canzone napoletana, che è anche frutto della creazione collettiva di autori anonimi o dimenticati.

Dal terzo capitolo emerge la produzione legata alla nostalgia e al dramma dell’emigrazione, e alle sofferenze inflitte dalla Prima Guerra Mondiale, ma il posto più importante spetta al genio di Raffaele Viviani, la cui produzione teatrale e musicale rispecchia il complesso e articolato paesaggio sonoro partenopeo e le sue stratificazioni sociali. La dimensione teatrale implicita in una parte del repertorio si è sviluppata nella esperienza delle “scene sulle canzoni” dalle quali ha avuto origine la cosiddetta “sceneggiata”, di cui l’autore parla diffusamente nel quarto capitolo, con i suoi ruoli cardine attorno ai quali si snodano i drammi sentimentali interpretati attraverso l’alternanza di parti cantate e parti recitate. In questo genere di spettacolo a conduzione famigliare il coinvolgimento emotivo del pubblico è tale da creare una sorta di continuità e di promiscuità tra il palcoscenico e la platea, e dalle sue ramificazioni è nato anche un filone cinematografico patetico-sentimentale.

Lo sguardo di Scialò è partecipe e allo stesso tempo critico e la ricchezza di dettagli e di particolari del libro, che integra le sue precedenti pubblicazioni dedicate a questo tema, è tale da non poter essere riassunta in poche righe, ma va aggiunto che questa corposa storia di un secolo di canzone napoletana è arricchita da numerosi esempi musicali e da una antologia sonora contenuta nel cd allegato. Questo prezioso complemento realizzato grazie alla collaborazione dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi presenta alcune rare incisioni storiche, come quella del cilindro del 1902-3 contenente una delle prime registrazioni di "Funiculì Funicolà" o la "Rumba d’ ’e scugnizze" intonata dalla voce di Raffaele Viviani, riversata da un nastro magnetico di proprietà degli eredi. L’ascolto di questi documenti sonori ravviva l’interessante quadro di questa commovente, divertente e indimenticabile stagione della storia della musica italiana.

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

world

Pierpaolo De Sanctis ci racconta la compilation Africamore, che raccoglie il sogno afro degli anni Settanta italiani

world

Intervista a Melaku Belay, danzatore, coreografo e fondatore del centro culturale Fendika

world

Antonio Infantino e il Gruppo di Tricarico, Folk Magic Band e Èl Bés Galilì ritornano in ristampa