Porretta, Soul City

Un libro di Edoardo Fassio racconta il Porretta Soul Festival (quest'anno dal 20 al 23 luglio)

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Sull’Appennino tosco-emiliano c’è una cittadina strana, con una via intitolata a Otis Redding, il parco Rufus Thomas e un ponte dedicato a Solomon Burke: il suo nome è Porretta Terme (dal 1° gennaio 2016 frazione e capoluogo del comune di Alto Reno Terme) e da trent’anni vi si tiene il Porretta Soul Festival. Per festeggiare degnamente la ricorrenza il "blue-jay", nonché critico musicale torinese Edoardo Fassio (che tutti conoscono come "Catfish") ha dato alle stampe Soul City (Vololibero edizioni), un libro che ripercorre la storia di un festival che è riuscito a posizionarsi sulla mappa internazionale dei grandi avvenimenti dedicati a questo genere musicale. Ne abbiamo parlato, davanti a un paio di birre, con l’Autore.

«Ho seguito quasi tutte le edizioni del festival, scrivendone spesso – spiega Catfish – e l’ideatore nonché organizzatore, Graziano Uliani, ha pensato bene che io fossi la persona giusta per raccontare questa storia. La mia speranza è quella di allargare la cerchia dei lettori, di intercettare il pubblico generalista, quello che conosce il soul perché una volta uno zio gli ha fatto ascoltare un pezzo di Ray Charles. Sembra paradossale ma il successo del festival risiede proprio nel suo aspetto dilettantesco: si basa molto sul volontariato e un nocciolo scelto tra gli abitanti vi è coinvolto, ciascuno per le proprie competenze. Parliamoci chiaro: bisogna tagliare sui costi vivi per poter pagare i cachet degli artisti; mi piace ricordare il caso di Solomon Burke [scomparso nel 2010]: quell’uomo pesava 240 chili e aveva uno stuolo di figli e nipoti, c’erano dei problemi economici e logistici a farlo muovere, ma è stato possibile portarlo grazie ai costi ordinari ridotti all’osso e all’intervento di alcuni sponsor».

«Questo libro – continua Fassio – è anche un omaggio a [Graziano] Uliani, un “talebano” del soul di Memphis, uno che, col passare degli anni, si è anche aperto al soul di Detroit, di New Orleans, della California, ma che, rendiamo merito al suo essere “trinariciuto”, le rare volte che ha dato retta a chi gli diceva di annacquare le proposte musicali, non ha mai ricevuto una grande risposta da parte del pubblico, a riprova della bontà delle sue scelte originarie. È anche vero che il festival ha rischiato di essere improntato al revival, con in più il problema che molti tra i grandi del deep soul sono scomparsi negli ultimi quindici anni, e quindi, per forza di cose, ha dovuto aprirsi al blue eyed soul [il "soul dagli occhi blu", quello scritto e suonato dai bianchi] , portando comunque personaggi di primissimo piano del calibro di Dan Penn ed Eddie Hinton. Inoltre deve puntare sulla scoperta di nuovi artisti per potersi garantire la sopravvivenza, anche se tutti gli anni Uliani minaccia che quella in corso sarà l’ultima edizione e poi si va avanti, pur tra mille difficoltà. Il successo del festival è un mix composto da buona musica, bel posto e buon cibo; inoltre gli spettatori, provenienti da tutta Europa, dagli Stati Uniti e persino dall’Oceania, hanno la possibilità di trascorrere tre o quattro giorni a contatto con gli artisti, in un clima di grande familiarità. Il mio libro non parla solo del festival ma anche della mia visione della musica soul: in tutti questi anni ho avuto la fortuna di conoscere molti esponenti di prima grandezza (Rufus Thomas, Howard Tate, James Carr, Wilson Pickett, Sugar Pie DeSanto, solo per citarne alcuni) e, parlando con loro, di approfondire ulteriormente la mia conoscenza di questo genere musicale. Quella del Porretta Soul Festival è una bella storia, nata in maniera rocambolesca quando Uliani andò a Zurigo a vedere un concerto di Solomon Burke e, una volta incontratolo, si spacciò per il presidente del Fan Club italiano, una balla colossale. Quando si ha un obiettivo, alle volte un po’ di sfrontatezza non guasta».

L’intervista è piena di aneddoti divertenti, che non svelo perché in gran parte li ritrovate nel libro. Vi anticipo solo quello di due donne, madre e figlia, arrivate dal Friuli espressamente per conoscere Rufus Thomas: quest’ultimo, donnaiolo impenitente, si mise in testa di fare il funky chicken (non c’è bisogno di traduzione) con entrambe, e la madre perse i sensi. Soul City è tutto questo, un omaggio a un festival che compie trent’anni e un omaggio ai personaggi che hanno reso grande il soul nel mondo. La trentesima edizione del Porretta Soul Festival si concluderà il 23 luglio, e ospiterà anche la presentazione del libro di Edoardo Fassio, domenica 23.

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