Mediterraneo fra le corde

Ha ancora senso parlare di musica mediterranea? I nuovi lavori di Stefano Saletti - Banda Ikona e Roberto Zanisi

Articolo
world

Stefano Saletti & Banda Ikona
Soundcity
Finisterre

Roberto Zanisi
Bradypus Trydactilus
Musicamorfosi

I giri del Mediterraneo in musica non sono davvero una grossa novità, da tanti che se ne sono fatti: la stessa idea di “Mediterraneo”, o di “Musica mediterranea” può ormai contare su una letteratura – musicale e musicologica – piuttosto approfondita. Una “tradizione” inventata, un’identità per molti versi “anti-identitaria” e programmaticamente aperta, che ha al centro l’immaginazione del Mediterraneo come spazio di dialogo più che di conflitto (nonostante spesso si sia avuto, e si abbia, più il secondo del primo…).

In realtà, dal momento che questo Mediterraneo musicale è stato da subito immaginato con margini piuttosto porosi, esso ha finito con l’avere confini decisamente più ampi, e ha incorporato i Balcani, e poi la tradizione ebraica, il Portogallo, l’africa sub-sahariana… Molto spesso, l’elemento mediterraneo è stato ed è un elemento strumentale (nel senso di “strumento musicale”), un tentativo di cercare di superare il monopolio della chitarra piegando alle esigenze della “nostra” musica strumenti altri. Altrettanto spesso, il ricorso all’immaginario Mediterraneo, all’idea di una musica ibridata (come se ogni genere musicale non fosse nato dall’incontro fra culture e idee musicali diverse) ha finito con il nascondere una generale mancanza di idee.

Si può ancora fare ricerca musicale in questa direzione, senza ricadere in schemi usurati e senza ripercorrere il sentiero già calpestato da innumerevoli musicisti, da Mauro Pagani in poi? O la maniera della “musica mediterranea” la ha portata ormai a essere come la “musica balcanica” al Concerto del Primo Maggio (quella evocata da Elio e le Storie Tese)?

Due ottimi dischi, diversissimi per esiti e ispirazione, rispondono in parte a questa domanda, mostrando che qualcosa può ancora essere fatto.

Il primo è un disco classicamente “mediterraneo”, così classicamente mediterraneo da suonare quasi demodé nel suo inseguire i “suoni dalle città di frontiera”, e nel discorso politico che lo informa: Soundcity (Finisterre), il nuovo lavoro di Stefano Saletti con la Banda Ikona (che da “Piccola Banda Ikona” si guadagna a questo turno lo status di “banda” full-size, vista la quantità di amici musicisti coinvolti).

L’itinerario di Saletti intorno al mare di mezzo segue temi di attualità (Gezi Park, Lampedusa, Gaza sono solo alcune delle tappe toccate) e riprende per certi versi il discorso interrotto dal precedente lavoro Folkpolitik, dedicato ai canti di protesta. Qui prevalgono andamenti più sinuosi e rallentati, compaiono – come da convenzioni del genere – voci in varie lingue, dal sabir al macedone all’arabo al napoletano e compare, naturalmente, la selva di strumenti a corda suonati da Saletti, dall’oud al bouzouki, dal saz alla chitarra… L’elenco degli ospiti della Banda allargata comprende i nomi “fissi” di Barbara Eramo, Gabriele Coen, Carlo Carlo Cossu, Mario Riversa, Giovanni Lo Cascio, Arnaldo Vacca, ma anche Riccardo Tesi, Alessandro D’Alessandro, Lucilla Galeazzi, Nando Citarella, Giuliana De Donno, Jamal Ouassini, Awa Ly… Ed è proprio nell’apporto strumentale del leader e degli ospiti, nel lavoro di arrangiamento più che nel concept generale, l’aspetto più interessante del disco, ciò che lo stacca dallo sfondo della generica retorica sul Mediterraneo. Un buon lavoro.



Se suona invece “mediterraneo”, è un Mediterraneo di ricerca quello di Roberto Zanisi, spogliato da connotazioni globaliste e approcciato come magazzino di idee e significati musicali: chitarrista, solista di steel pan, autore di colonne sonore, con Bradypus Trydactilus (Musicamorfosi) Zanisi intraprende uno one-man-show fra gli strumenti a corda, dal cümbüs (uno oud-banjo, turco) al bouzouki, al guimbri, tutti trattati con spirito e tecniche tutt’altro che ortodosse, ma con esiti di alto livello: effetti, delay, overdubbing compongono un ascolto non sempre immediato, ma che cresce e finisce con il ricordare alla lontana, almeno in alcuni passaggi, gli spendidi lavori di “ricomposizione” sul rebetiko storico di Iannis Kiriakides (Rebetika con Andy Moor).



Ci sono dentro Istanbul e Atene, più come moderne metropoli che non come resti di un passato immaginato. E c’è dentro un gusto psichedelico, cinematografico, una fantasia cinematica da colonna sonora, che affascinerà anche i non-feticisti dei suoni delle corde: questi sono già rapiti dalla prima traccia.

Nell'immagine di apertura: Roberto Zanisi (foto Cristina Crippi)

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

world

Fela. Il mio dio vivente è il documentario di Daniele Vicari che racconta il rapporto fra Fela Kuti e il videoartista romano Michele Avantario

world

Pierpaolo De Sanctis ci racconta la compilation Africamore, che raccoglie il sogno afro degli anni Settanta italiani

world

Intervista a Melaku Belay, danzatore, coreografo e fondatore del centro culturale Fendika