Luci su Fortuna a Palestrina

Fino al 1° settembre la rassegna al Museo archeologico di Palestrina, nell'ambito di ArtCity 2018

Luci su fortuna
Articolo
classica

Passato in gestione al Polo Museale del Lazio alla fine del 2014, il Museo archeologico nazionale di Palestrina è sede di una rassegna considerata uno dei progetti pilota di ArtCity 2018, il cui cartellone quest’anno, pur dando ampio spazio alla Capitale, si è ulteriormente aperto all’intera regione. Luci su Fortuna è il titolo dato a questo ciclo di dodici serate che, iniziato lo scorso 14 luglio, si concluderà il 1° settembre. Come palcoscenico può contare nientemeno che sul santuario ellenistico dedicato alla Dea Fortuna Primigenia, il cui culto risale al IV secolo avanti Cristo, e sul palazzo Colonna Barberini, sede del museo con le sue preziose collezioni, tra le quali il celebre mosaico del Nilo.

Sei degli appuntamenti avranno contenuti musicali e teatrali (14, 28 luglio, 4, 12, 25 agosto e 1 settembre) e verranno ospitati nella cornice unica e suggestiva delle Terrazze superiori del santuario. Parallelamente un ciclo di sei visite guidate serali (Salendo al Tempio. Tra percorsi antichi e nuovi itinerari, in programma il 15, 21, 29 luglio, 11, 19, 26 agosto) consentirà ai visitatori di ripercorrere, assieme ad archeologi ed esperti, l’antico itinerario di pellegrinaggio, risalendo il santuario fino all’emiciclo terminale e alla residenza nobiliare, oggi sede del museo.

Marina Cogotti, Direttrice del Museo, nonché organizzatrice e curatrice di Luci su Fortuna, definisce l’iniziativa una vera e propria «scommessa»:

«Mentre a Roma una rassegna di tipo ciclico può aspirare con maggiore sicurezza a raccogliere dei risultati, perché c’è un bacino di utenza più ampio, qui tentare una cosa del genere, con un sito che pur essendo di elevata qualità tutto sommato è poco conosciuto, rappresenta una scommessa. Quella cioè di portare qui le persone, grazie a una commistione di arte, musica, teatro, in un contesto particolare, in modo da spingerle a tornare per vedere un museo che altrimenti non avrebbero visitato».

Che caratteristiche ha questo museo?

«Intanto è complesso, perché in realtà c’è una parte museale che si inserisce nella parte terminale del santuario ellenistico. Definirlo museo è una estrema sintesi, in realtà esso è ospitato nel Palazzo Colonna-Barberini, che rappresenta a sua volta una forma di riutilizzo, una delle più interessanti, di un sito antico. Nella parte dell’emiciclo terminale, a partire dal Duecento, poi nel Rinascimento con i Colonna e infine nel Seicento con i Barberini, è stato realizzato infatti questo edificio, che quindi occupa la cavea – dove si svolgevano gli spettacoli – del santuario antico. Si tratta del più antico del Lazio, dedicato alla Fortuna, una dea sospesa in modo ambivalente tra l’aspetto oracolare e divinatorio (rappresentato dal pozzo delle sortes) e l’aspetto propiziatorio per la maternità. Ancor più interessante è la struttura a terrazze che sarà poi ripresa nelle grandi ville dell’ambito romano, come Villa d’Este».

I concerti si svolgono dunque nella cavea?

«No, pur potendo contenere circa 300 persone, occupare la cavea avrebbe interdetto l’accesso al museo. Volevamo comunque valorizzare di più il santuario, per cui abbiamo utilizzato le grandi terrazze che praticamente ora lo collegano al palazzo, avendo così a disposizione una ampia piattaforma con un panorama unico, una veduta che si spinge fino al mare».

Gli appuntamenti musicali sono comunque distinti da quelli dedicati alle visite guidate.

«Dopo dopo una visita di oltre un’ora proporre un concerto sarebbe stato eccessivo, ma la visita resta un’occasione molto particolare: l’intenzione non era quella di offrire una semplice apertura serale (si vede in realtà ben poco del museo), bensì l’occasione di ripercorrere, insieme a una guida esperta, il cammino dei pellegrini salendo il santuario della Fortuna. Tra l’altro si ha modo di accedere al ninfeo Barberini, che solitamente non si vede perché non è nella parte pubblica del palazzo bensì nella residenza privata del Principe Barberini. E le prime due visite hanno registrato il tutto esaurito».

Arriviamo dunque agli spettacoli.

«Per il primo concerto abbiamo avuto 250 spettatori e ci consideriamo soddisfatti, soprattutto per il fatto che venivano almeno per tre quarti da fuori il territorio. Certo con Fabrizio Bosso e Giovanni Guidi andavamo sul sicuro, ma per coprire un periodo di oltre un mese e mezzo abbiamo preferito un programma non caratterizzato da un unico tipo di musica. Abbiamo viceversa optato per un’offerta molto variegata, anche per testare il pubblico di una simile rassegna. Il jazz, dopo il concerto di apertura, tornerà a metà agosto con la Fred For Ever Jumpin’ Orchestra dei Buscaja (ispirata a Buscaglione). Il 28 luglio ci sarà l’Orchestra di Piazza Vittorio, mentre gli appuntamenti con la classica saranno due e concluderemo a settembre col teatro: Vinicio Marchioni presenterà Dialoghi d’amore – Frammenti di un discorso amoroso, monologo scritto da Gabriele Marchesini e ispirato liberamente al celebre testo di Roland Barthes, in scena per accompagnarlo ci sarà un pianoforte».

Accanto alla multietnicità proveniente da Piazza Vittorio, il repertorio classico è ben rappresentato dalle presenze dei Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone (4 agosto) e dei Cameristi del Maggio Musicale Fiorentino (25 agosto). Occasioni, non molto lontano dalla Capitale, per trascorrere una bella serata in un posto decisamente speciale, ascoltando della buona musica e apprezzando i resti di un passato che ancora si mostra in tutta la sua bellezza.

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