L’improbabile futuro del punk

A proposito del quarantennale del primo album dei Ramones e di Anarchy in the U.K. dei Sex Pistols

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Dicono che il tempo sia galantuomo. A volte, però, può essere beffardo. Prendiamo il punk, la cui attitudine originaria venne immortalata dal No Future strillato da Johnny Rotten al culmine di “God Save the Queen”. Ecco: un futuro c’è stato, invece. È buffo quando lo scorrere della vita smentisce certe affermazioni apodittiche, tipo lo “Spero di morire prima di diventare vecchio” cantato 51 anni fa dagli Who (tuttora in attività) in “My Generation”.

Nel caso del punk c’è poi l’aggravante del conclamato impulso nichilista. Ragion per cui la serie di appuntamenti – in agosto la retrospettiva Punk on Film curata da Don Letts, la mostra Punk 1976-1978 ospitata presso la British Library fino al 2 ottobre, mentre chiude questa settimana al Museum Of London Being Punk sull’oggettistica del fenomeno – riunita sotto la dicitura Punk London finisce per avere un sottotesto in qualche modo grottesco. Tanto più considerando che, a dispetto della natura “sovversiva” del soggetto, tra i finanziatori spicca – con 99mila sterline – l’Heritage Lottery Fund (che devolve verso destinazioni di vario genere una parte degli utili accumulati, appunto, dalla Lotteria Nazionale) e in veste di principale patrocinatore figurava l’ex sindaco della capitale – ora ministro degli esteri formato Brexit – Boris Johnson. E si mormora che persino la regina Elisabetta II – quella del “fascist regime”, citando ancora “God Save the Queen” – abbia concesso un tacito sostegno all’iniziativa, pare per intercessione di Vivienne Westwood, all’epoca compagna di Malcolm McLaren, il “burattinaio” dei Sex Pistols.



Il figlio della coppia, Joe Corré, di suo fondatore dell’azienda di lingerie Agent Provocateur, non l’ha presa bene, annunciando che in segno di protesta darà alle fiamme, in un luogo al momento imprecisato di Camden Town, una collezione di memorabilia paterne dal valore stimato in cinque milioni di sterline. Dovrebbe accadere il 26 novembre, in coincidenza con il quarantennale della pubblicazione su 45 giri di “Anarchy in the U.K.”. E a proposito di mercanzia discografica e Sex Pistols: la major Universal metterà in commercio a fine agosto Live ’76, cofanetto contenente le registrazioni di quattro concerti – tra cui quello del 4 giugno alla Free Trade Hall di Manchester, atto d’impollinazione della scena locale, e l’altro non meno leggendario del 17 settembre, dentro la prigione di massima sicurezza di Chelmsford – tenuti dalla band 40 anni or sono. Due settimane dopo arriverà nei negozi – attraverso i canali di Rhino Records, etichetta specializzata in ristampe – la riedizione del primo album dei Ramones in versione “deluxe”: quasi un ossimoro, se ricordiamo che il costo di registrazione di quel disco ammontava ad appena seimila dollari.

Nel caso specifico, ironia della sorte, il no future sbandierato dai dirimpettai d’oltreoceano ha tuttavia una triste fondatezza: nessuno dei componenti originari del quartetto newyorkese è sopravvissuto fino ai giorni nostri. Frattanto si era data da fare Linda Marie Daniele, vedova del chitarrista Johnny Ramone, promuovendo l’allestimento dell’esposizione tematica Hey! Ho! Let’s Go: inaugurata il 10 aprile al Queens Museum e al capolinea domenica prossima, con successivo trasloco – dal 16 settembre – al Grammy Museum di Los Angeles. Il punk tramutato in simulacro archeologico, dunque. O in statica replica di sé stesso: sabato 11 giugno, durante il celebre festival resuscitato nel 2002, l’isola di Wight ha ospitato un tributo animato dai veterani Iggy Pop, Damned, Buzzcocks e Adam Ant. Dal 1968 al 1970 quel posto fu roccaforte degli hippies, in seguito dileggiati dai punk con uno slogan che esortava a diffidarne. E adesso, allora, come dovremmo dire: Never Trust a Punk?!

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