Holger Czukay: Yes, we Can

La morte del bassista dei Can, e la sua influenza sulla musica pop del secondo Novecento

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Il 2017 è l’annus horribilis dei Can: il 22 gennaio è scomparso il batterista Jaki Leibezeit, e due giorni fa se n’è andato anche il bassista (e non solo) Holger Czukay, che insieme avevano formato una delle sezioni ritmiche più innovative degli ultimi cinquant’anni.

Czukay, per alcuni anni allievo del compositore Karlheinz Stockhausen, ebbe il compito di trasporre la musica del gruppo su nastro, costruendo e modificando la maggior parte delle registrazioni. È impressionante come i risultati finali suonassero così bene, se teniamo presente che il gruppo non potè utilizzare un registratore multitraccia fin dopo il completamento di Soon Over Babaluma, il loro disco del 1974. Tutto l’incredibile lavoro dal 1968 al 1974 fu registrato dal vivo nello Inner Space Studio su un registratore a due tracce: Czukay si occupò di combinare e modificare la musica (soprattutto trasformando le sessioni di improvvisazione in canzoni), senza mai ricorrere al cosiddetto "fixing it in the mix".

Uscito dal gruppo nel 1977, dopo aver contribuito alla realizzazione di capolavori quali Tago Mago, Ege Bamyasi, Future Days e il già citato Soon Over Babaluma, autentiche pietre miliari che influenzarono, anni dopo, il post punk, la musica elettronica e alcune forme di musica d’avanguardia, Holger Czukay intraprese la carriera solista, sempre aperto però a collaborazioni con altri musicisti (Eurythmics, The Edge, Jah Wobble, già bassista nella formazione originale dei PIL, e David Sylvian), e nel 1979 realizzò Movies, al cui interno era compreso "Persian Love", brano con le found voices di due cantanti iraniani catturate su una radio a onde corte (il primo esempio del genere fu "Boat-Woman-Song", brano di quasi diciotto minuti inserito nel disco Canaxis 5 del 1968, realizzato da Czukay con Rolf Dammers, in cui compariva la voce di una cantante vietnamita): questa tecnica fu la fonte primaria d’ispirazione per My Life In The Bush Of Ghosts, l’album che Brian Eno e David Byrne diedero alle stampe nel febbraio del 1981, destinato a una duratura influenza sulla musica pop – e non solo.

Il suo ultimo lavoro, uscito nel 2015, è stato Eleven Years Innerspace, una raccolta di nuove composizioni e di rielaborazioni di canzoni più vecchie.

“Il bassista è come il re nel gioco degli scacchi: non si muove molto, ma, quando lo fa, cambia tutto”.

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