Gli anni d'oro dell'hard-bop

Ristampe Egea alla riscoperta di Bobby Timmons, Sonny Stitt e Jimmy Smith

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Alcune recenti ristampe in cd da parte dell’etichetta Phono (distribuita in Italia dalla Egea) ci riportano magicamente al periodo d’oro dell’hard-bop, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, tempi in cui gli studi di registrazione del jazz newyorkese non avevano mai un buco libero nell’agenda.

È un’ottima occasione per riscoprire allora qualche musicista magari talvolta un po’ dimenticato, tra dischi di buon artigianato (che comunque garantiscono qualità e godimento non meno che buoni) e qualche preziosa sorpresa.

È il caso di Bobby Timmons, figura dal destino piuttosto tormentato – come molti suoi colleghi in quegli anni – e spesso ricordata solo per il suo apporto (certo importante) ai Jazz Messengers di Art Blakey e la fulminante apparizione nel gruppo di Cannonball Adderley (per cui ha scritto temi celebri come "This Here" o "Dat There"). Il suo stile ricco di funkiness e di richiami churchy lo ha reso celebre proprio nei contesti più infuocati e sanguigni e sarà quindi una piacevole sorpresa riscoprire anche un suo lato più raffinato. È quello espresso nel disco Sweet And Soulful Sounds, uscito originariamente per la Riverside nel 1962 e posto ora in apertura del doppio cd The Sweetest Sounds – Classic 1960s Studio Sessions. In compagnia di Sam Jones e Roy McCurdy, Timmons svela alcuni aspetti più rilassati e sottili del suo approccio, come accade in una densa versione solitaria di "God Bless The Child" o una "You'd Be So Nice To Come Home To" affrontata con leggiadra freschezza.

Nel doppio della Phono troviamo anche Born To Be Blue!, Little Barefoot Soul e Chun-King, tutti dischi incisi in trio tra il 1962 e il 1964, ottimi esempi sia delle qualità blues di Timmons che della sua capacità di fornire comunque ombreggiature più sfumate ai temi che lo richiedono. Prezioso, Bobby, molto prezioso.

Bello riscoprire anche il rapporto tra il sassofonista Sonny Stitt e il pianista Hank Jones, musicisti che hanno vissuto in prima persona la bruciante evoluzione del linguaggio bebop. Anche qui la ristampa raccoglie in due cd (intitolati Cherokee – Legendary Studio Sessions) quattro dischi incisi tra il 1957 e il 1963, prevalentemente in quartetto, ma anche nella gustosa abbinata con il sassofono dell’ellingtoniano Paul Gonsalves.

Posto che, pur senza eccessiva originalità, tutti i lavori sono di grande piacevolezza, è proprio quest’ultimo lavoro con Gonsalves quello più curioso e intrigante, grazie a un mix tra la rilassatezza un po’ di mestiere delle jam session di lusso e la voglia di reinventare ogni volta il dialogo tra i solisti. Come accade in questa ottima versione di "Stardust". Classic blend!

Profondo e fortunato anche il sodalizio tra l’organo Hammond di Jimmy Smith e il sax di Lou Donaldson, di cui il doppio Quartet – Complete Studio Recordings offre un pregevole documento. Anche qui due cd che raccolgono sedute Blue Note tra il 1957 e il 1963, dalle tracce del classico Jimmy Smith At The Organ a quel Rockin’ the Boat che trasuda blues da ogni nota, passando magari per qualche pezzo un po’ più con il pilota automatico, ma sempre in grado di scaldare il cuore.

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