Claudio Fasoli: il suono come pensiero musicale

Inner Sounds: un libro e un disco per fare il punto sulla carriera del sassofonista veneziano

Claudio Fasoli, Inner Sounds
Foto di Mariagrazia Giove
Articolo
jazz

Per molti artisti c’è un momento, una fase della vita professionale, creativa e progettuale, dove si guarda indietro, non con un inutile sguardo nostalgico, ma con quello vitale, curioso della verifica, rielaborazione di ciò che si è costruito negli anni per approfondire scelte, errori, motivazioni, passioni e proiettarle nel futuro. Perché un artista vero non ha traguardi, cammina sempre, cerca sempre. Proprio la metabolizzazione del passato con i successi, le delusioni, i sogni non realizzati, illuminata dall’esperienza, può risultare terreno utile a definire meglio la strada ancora da percorrere.

Claudio Fasoli, sassofonista, compositore, arrangiatore, band leader, direttore artistico, docente, ha attraversato un bel pezzo di storia del jazz italiano con una coerenza inattaccabile sempre condita da una curiosità a disposizione di un’idea musicale mai statica ma ciclicamente messa in discussione. Il musicista veneziano affida il proprio momento di riflessione ad un cd per Abeat e un libro per Agenzia X – curato da Francesco Martinelli e Marc Tibaldi – dallo stesso significativo titolo, Inner Sounds. Dopo i contributi in apertura di Carlo Boccadoro («I suoi silenzi eloquenti quanto le sue note»), Franco Caroni («Un vero maestro di vita, di comportamento filosofico e artistico che poi ho sempre ricercato negli altri musicisti») e Massimo Donà («Maestro di rigore, eleganza, libertà di movimento, ricerca incessante e sguardo aperto a 360 gradi»)  la struttura del libro, oltre alla discografia completa e a una ricca raccolta fotografica, si dipana in una lunga intervista al musicista. La parte centrale si sofferma invece sugli scritti dello stesso, La cognizione della musica, per chiudersi con Su Claudio Fasoli - Punti di vista, che raccoglie testimonianze di colleghi, giornalisti, operatori culturali, tecnici, produttori...

Claudio Fasoli, Inner Sounds

"Ex sassofonista del Perigeo": questa etichetta Fasoli se la porta dietro da quarant’anni. Se è vero che la sua notorietà è molto legata a quella esperienza, che va dal ’71 al ’77, è anche vero che risulterebbe estremamente riduttivo usarla come unica lente di lettura della sua lunga esperienza professionale e artistica. Il Perigeo, con le fascinazioni che partivano dal Davis elettrico e dai Weather Report, è un passaggio importante sul piano professionale, strumentale, della ricerca sonora, anche per la frequentazione a livello internazionale di un pubblico giovanile, di spazi alternativi che come jazzista non avrebbe probabilmente più incontrato.

Claudio Fasoli e Il Perigeo, 1973

Il dopo Perigeo e gli anni Ottanta sono colmi di strade che si aprono, collaborazioni, le prime formazioni a proprio nome, concerti, registrazioni, per prima cosa il cambio di strumento, Fasoli passa dall’alto al tenore, mantenendo il soprano. I maestri emergono subito chiari, nel nome del suono: su tutti Lee Konitz e Wayne Shorter, ma anche Kenny Wheeler, Dave Liebman, John Surman, Tomasz Stanko. Il sassofonista veneziano si smarca subito da un’idea di jazz canonico e autocelebrativo, ma si allontana anche dai rischi di un’improvvisazione radicale dove spesso la mancanza di armonia, la reiterazione di stessi ambienti espressivi può approdare ad una certa prevedibilità. Quindi accanto al suono, la voce dello strumento che Fasoli considera come il colore per il pittore, e all’architettura dell’aspetto compositivo, l’identità dell’improvvisatore risulta elemento imprescindibile.

Claudio Fasoli,1984

Gli anni Novanta si caratterizzano per una estrema sperimentazione non solo sul piano della variabilità numerica e strumentale delle formazioni, dal trio all’orchestra, ma anche su quello del linguaggio. Fasoli lo definisce la fine di un periodo e l’inizio di un altro meno asimmetrico, ma esprime anche concetti estetico-filosofici come, sottrazione, decostruzione, e usa anche l’elettronica come moltiplicatore delle voci del sassofono. Insomma una ricerca che continua tutt’oggi, dove incontra, coinvolge, viene coinvolto da musicisti di provenienze musicali, generazionali, culturali e geografiche diverse, segno che tutti in Fasoli trovano una certezza sul piano creativo e professionale. Scorrere la discografia, pur nella sua arida formalità, è utile perché sintetizza, ci dà un segnale forte della sua straordinaria capacità di progettare, stare dentro progetti altrui in una visione musicale a 360°. Come colpisce anche la profondità con la quale affronta da musicologo-recensore, in una scrittura elegante e sobria, i linguaggi, gli aspetti tecnici ma anche poetici dei suoi maestri, per primo Coltrane.

Claudio Fasoli Four, 2013

Il cd Inner Sounds risulta come un prolungamento naturale del libro. Un’istantanea di Fasoli oggi, con un ottetto – Michael Gassmann alla tromba, Michele Calgaro alla chitarra elettrica, Michelangelo Decorato al piano, Andrea Lamacchia al contrabbasso, Lorenzo Calgaro al contrabbasso, Gianni Bertoncini alla batteria e all'elettronica, e Marco Zanoli alla batteria – che esplora con estrema coerenza composizioni concepite come spazi, quadri da riempire con colori-suoni. Un susseguirsi di panorami soffusi, eleganti e sospesi, melodie e silenzi ma anche qualche squarcio inquieto e spigoloso. Fasoli ci regala questo prezioso messaggio musicale per ricordarci ancora che la bellezza non sta nel bel suono, come freddo calcolo tecnico espressivo, quanto nel suo contenuto, nel pensiero dei musicisti.

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