Amburgo si rinnova (e cresce)

Parlano Georges Delnon e Kent Nagano da questa stagione alla guida dell'Opera di Stato nella città anseatica

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Amburgo pensa in grande: grandi spazi, grandi progetti, grandi ambizioni. Grazie al suo porto, uno dei più grandi in Europa, è stata nel passato ed è anche oggi una città prospera. Operosa e rigorosa, Amburgo ha deciso di fare il grande salto lanciandosi nella gara per aggiudicarsi le Olimpiadi del 2024 con Roma, Parigi e Budapest. Nel fervore dei progetti della città anseatica, la vita culturale non fa eccezione: la prestigiosa Kunsthalle riaprirà presto dopo lavori di ampliamento, un po' in ritardo sui tempi la colossale Elbphilharmonie sarà inaugurata nel 2017 e anche la Staatsoper si è dotata di un nuovo assetto direttivo in grado di rilanciarne l'attività e il prestigio e riprendersi quel posto di prestigio dopo qualche anno di declino. Da questa stagione infatti alla guida dell'antichissima istituzione musicale nel Gänsemarkt si sono insediati il sovrintendente Georges Delnon e il direttore musicale Kent Nagano. Il segno del cambiamento si è visto già nel weekend inaugurale di metà settembre, con la festeggiatissima prima di un'opera di grandi dimesioni come Les Troyens, seguita dalla prima assoluta di Weine nicht, singe di Michael Wertmüller da una pièce di Lea Doher e l'ultima follia teatral-musicale di Christoph Marthaler Isoldes Abendbrot con un'inedita Ann Sofie von Otter importato dal Teatro di Basilea, di cui Delnon è stato sovrintendente per 9 anni. Abbiamo incontrato Delnon e Nagano nei loro uffici all'ottavo piano del teatro per una conversazione su Amburgo, sui progetti e sui sogni per la musica, freschi del successo dei Troyens che hanno aperto una nuova pagina nella storia recente dell'antica istituzione amburghese.

Georges Delnon, cosa cambia per lei rispetto alla sua esperienza a Basilea?

Delnon: «Al Teatro di Basilea ho lavorato senza un GMD (General Musikdirektor), cioè senza direttore musicale. Qui a Amburgo c'è ed è Kent Nagano. Questo cambia radicalmente il quadro perché a Basilea preparavo i miei programmi da solo, mentre a Amburgo posso contare sull'apporto musicale di Kent, un musicista di grande esperienza. Guardando il programma di questa stagione si vedono dei segni di continuità con Basilea: soprattutto nell'"estetica" (molti registi sono gli stessi o quanto meno nella stessa linea), ma anche nella presenza della musica contemporanea. Sono gli elementi che hanno caratterizzato la mia carriera con in piu un lato musicale che si aggiunge: c'è di più un'idea di qualità, l'idea di andare in profondità con il lavoro musicale che proviene da Kent. Per me questo è un elemento che va a vantaggio di tutto il teatro ma anche mio personalmente. Sono sempre stato convinto che l'opera ideale si fonda su due elementi: la musica e il testo, e occorre che queste due componenti ci siano allo stesso tempo. È essenziale che la componente musicale sia solida».

Maestro Nagano, anche per lei Amburgo è una prima?

Nagano: «Ci sono venuto spesso negli anni '90 e nei primi anni del 2000 perché ho lavorato molto con il Maestro Günter Wand a un ciclo Schubert e Bruckner. Al tempo ero il direttore principale e artistico della Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino e spesso venivo invitato a dirigere l'Orchestra della NDR, di cui Wand era direttore principale. Per questo motivo abbiamo trascorso parecchio tempo insieme. Ma solo di rado avevo avuto l'occasione di venire all'Opera di Stato».

Delnon, com'è lavorare con Kent Nagano?

Delnon: «Abbiamo dei punti in comune: siamo entrambi dei fan della musica contemporanea, amiamo entrambi la musica francese, c'è un "touch" che ci accomuna».

La musica contemporanea è in effetti molto presente già in questa stagione con Stilles Meer (Mare calmo) di Toshio Hosogawa in gennaio, l'opera di Michael Wertmüller e il progetto dei giovani dell'Akademie Musiktheater heute Minibar. Sulle produzioni di musica contemporanea come vi muoverete?

Delnon: «Vorremmo presentare una nuovo lavoro di grandi proporzioni e almeno due più piccoli in ogni stagione. Per le prime, in particolare, si tratta di identificare dei compositori che oggi abbiano qualcosa da dire e che siano in grado di giocare in "serie A". Qui a Amburgo lavoreremo su due piani diversi: da un lato, cerchiamo di lanciare giovani compositori nell'Opera Stabile, il nostro "laboratorio", per interrogarci sull'opera di domani, dall'altro, per le grandi produzioni si tratta piuttosto di interrogarsi su chi, fra i compositori attuali, ha il dono di riempire una sala di 2000 spettatori (la dimensione economica è anche importante quando si investe in progetti come questi). Alcuni compositori hanno quel fluido che permette loro di affrontare il grande pubblico dell'opera, altri no. Posso anticipare che stiamo già lavorando a un progetto con Péter Eötvös».

Della sua esperienza pluriennale come direttore artistico del teatro musicale del Festival di Schwetzingen non porta nulla con sé, nonostante il grande lavoro sul contemporaneo?

Delnon: «Schwetzingen è una situazione davvero molto particolare e difficilmente esportabile. È uno dei più grossi festival radiofonici, viene ascoltato dovunque, è frequentato da un pubblico di melomani che ci va da decine di anni. La sola questione su cui ci si può arrovellare è se fare o no Carmen! A Schwetzingen abbiamo fatto delle importanti riscoperte come il Grétry dell'Andromaque o lo Schweizer di Rosamunde, titoli che non verrebbero mai proposti qua come in altri teatri di questa dimensione. Con la prossima edizione concludo il mio mandato alla direzione artistica completando, dopo Bluthaus e Thomas, la trilogia di Georg Friedrich Haas, uno dei compositori più importanti oggi, che ha dimostrato di poter lavorare anche a lavori di respiro più ampio come Morgen und Abend (Mattino e sera) che sta componendo per la Royal Opera House di Londra. Anche nel contemporaneo l'esperienza di Schwetzingen resta unica».

Maestro Nagano, anche nel suo caso è nota la sua attenzione al repertorio contemporaneo. Monaco non aveva probabilmente visto tante prime assolute come durante i suoi anni come direttore musicale. Cosa farà qui a Amburgo?

Nagano: «Ho appena iniziato il mio lavoro qui, quindi non potrei davvero dirlo. Di certo con Georges Delnon apparentemente coltiviamo interessi simili. Per questa stagione abbiamo scelto Toshio Hosokawa che presenterà la sua nuova opera ispirata ai fatti di Fukushima. Per le prossime stagioni abbiamo contatti con Peter Ruzicka, George Benjamin, Unsuk Chin, Jörg Widmann e molti altri».

... praticamente gli stessi con cui ha lavorato a Monaco, salvo rare eccezioni ...

Nagano: «Si tratta di compositori che hanno una certa presenza nel mondo dell'opera contemporanea. Abbiamo anche molti altri nomi, compreso di giovani compositori della generazione successiva ai Benjamin, Widmann, ecc. ma è ancora prematuro parlarne. Ci sono già personalità molto promettenti. Intendiamo lavorare anche con loro».

Che valore ha per voi l'opera contemporanea?

Nagano: «Da sempre sono convinto che sia essenziale far crescere costantemente il repertorio. Se non si esegue musica contemporanea, il repertorio è destinato a morire. L'opera perde la sua rilevanza se non si afferma come tradizione viva».

Delnon: «L'opera contemporanea ha delle possibilità se propone dei soggetti che ci tocchino, che siano rilevanti per noi, e che siano veicolati da personaggi, da esseri umani che ci interessino. Se questi esseri in scena non ci interessano. Dobbiamo assolutamente trovare la sintesi fra il momento dell'emozione e il momento della riflessione. È la grande fortuna dell'opera. È quello che hanno fatto i grandi dell'opera da Mozart a Verdi, ma anche oggi non dobbiamo stancarci mai di cercare quella sintesi. È per questo che abbiamo bisogno di soggetti politici, sociali, dei soggetti che ci tocchino ma non possiamo raccontarli in forma teorica. Dobbiamo raccontarli attraverso dei personaggi che davvero ci interessino. Con Hosokawa ci proviamo: non si tratta di un lavoro su Fukushima o sul pericolo atomico, ma è la storia di una famiglia dopo la catastrofe. Cosa fa questa famiglia con la sua terra contaminata, come può sopravvivere? Facciamo vedere come la catastrofe cambia la vita degli esseri umani e di una famiglia. Solo così l'opera può diventare interessante, e la musica può assumere un ruolo maggiore, che sublima il tutto».

La presenza di una personalità come quella di Nagano, si coglie forse nel peso di titoli della tradizione francese, in passato non frequenti nel cartellone di questo teatro. È corretto?

Delnon: «Fino a un certo punto. C'è un certo accento francese che entra nell'opera e nella stagione concertistica ma non è detto che continuerà nelle prossime stagioni. Nelle nostre discussioni non ci fissiamo specialmente sull'idea di fare qualcosa di francese, piuttosto che di italiano, di tedesco o slavo, ma parliamo piuttosto di contenuto, cioè di soggetti che ci interessano. Nella scelta dei Troyens ci interessa, ad esempio, l'idea di un popolo alla ricerca una nuova identità, una nuova patria, così come in Guillaume Tell è piuttosto l'idea di liberazione di un popolo oppresso così come in Fidelio. E poi c'è il gesto formidabile di Kent Nagano e John Neumeier: fare insieme la Turangalîla-Symphonie. Abbiamo non poche linee tematiche che ci interessano e lungo le quali costruiremo i programmi.»

Nagano: «La Turangalîla-Symphonie la farò per espresso desiderio di John Neumeier, che sapeva che sono stato allievo di Olivier Messiaen. Vero è che Messiaen aveva proibito di trasformarla in musica per un balletto perché aveva avuto una brutta esperienza a Parigi con un coreografo con cui era stato in forte disaccordo. Grazie ai miei ottimi rapporti con il figlio di Messiaen, abbiamo avuto il permesso di metterlo in scena in forma di balletto a patto che Neumeier firmasse personalmente la coreografia. Sarà una première molto insolita. Comunque è vero che se abbiamo deciso di aprire con l'opera di Berlioz è perché ci stava a cuore condividere con il nostro pubblico l'idea che l'opera è attuale. Quando l'abbiamo deciso due anni fa non immaginavamo di certo che ci sarebbe stata una tale crisi con i profughi siriani. Dopo la prima, molti spettatori hanno commentato di essersi profondamente commossi allo spettacolo e specialmente alla scena di Andromaca con il figlio, disperata per aver perso il marito Ettore in guerra. L'opera non è un oggetto del passato ma è qualcosa di attuale e rilevante per lo spettatore di oggi.»

Delnon: «Nel complesso, comunque, ad Amburgo sicuramente ci sarà più musica francese che nel passato.»

Una curiosità personale: con praticamente la sola eccezione di Romeo Castellucci (e ovviamente dei grandi classici operistici), l'Italia pare essere completamente assente dai programmi e non solo a Amburgo. Quali sono le cause?

Delnon: «Personalmente amerei moltissimo trovare delle collaborazioni con l'Italia, che è il mio paese preferito da molti punti di vista e che per secoli è stata la culla della creatività. Sia io che Kent siamo dei grandi fan dell'Italia, ma dobbiamo constatare con tristezza che non si può realizzare praticamente nulla. Purtroppo le istituzioni italiane hanno pochi mezzi per portare avanti collaborazioni, fatti salvi il Teatro alla Scala e Santa Cecilia. Al momento comunque abbiamo idee di collaborazione con Bologna, Palermo, forse Venezia e con il Festival di Ravenna dove la nostra Orchestra farà un concerto. Mi auguro che l'Italia ritrovi al più presto la sua forza, la sua identità, e anche la voglia di tornare a essere quel grande paese creativo che è sempre stato.»

Maestro Nagano, Amburgo è una città dalle profonde radici musicali. Pensa di valorizzare questa tradizione nei programmi con l'Orchestra Filarmonica?

«Rispetto a Monaco, la tradizione dell'opera e dell'orchestra qui a Amburgo è molto originale. Suono e colore sono diversi rispetto a ogni altra orchestra. Si tratta di una delle più antiche orchestre del mondo con una grande tradizione. Johann Sebastian Bach (che sarebbe rimasto a Amburgo se gli fosse stato offerto un incarico fisso), Telemann, Buxtehude, la famiglia Mendelssohn, Brahms, Mahler fanno tutti parte di questa tradizione. Sono tutti arrivati a Amburgo per il particolare richiamo che aveva la città portuale: connessioni internazionali, tolleranza, spirito di scoperta, il porto come porta sul mondo ma anche porta di ingresso alla città. Uno dei miei più grandi sogni è proprio quello di partire da questa lunghissima tradizione sinfonica e operistica e metterla al centro della nostra programmazione con una prospettiva molto ampia. Il primo dei concerti che dirigerò con l'Orchestra Filarmonica sarà proprio dedicato a Amburgo con musiche di Telemann, Carl Philipp Emanuel Bach, Ligeti, Ruzicka e Gustav Mahler.»

Avete entrambi appena traslocato ad Amburgo: le vostre prime impressioni della città?

Nagano: «In questo periodo succedono molte cose ad Amburgo. La stessa città è in una fase di espansione, anche nella dimensione culturale: il Thalia Theater si sta espandendo con nuovi festival e nuove iniziative, l'Elbphilharmonie finalmente aprirà con un'intera comunità nuova costruita attorno che avrà un impatto espansivo sull'attività musicale della città. È anche una città che cresce economicamente: il porto ha attraversato una fase di rinnovamento tecnologico ed è oggi commercialmente molto attivo. Si sente davvero in questo momento il potenziale per un'espansione e una visione. Ogni città attraversa dei cicli: ad Amburgo questo ciclo è in una fase molto eccitante. Si sente un'enorme quantità di energia creativa. C'è il potenziale per realizzare dei progetti molto ambiziosi».

Delnon: «È una città molto aperta, che ha una coscienza delle cose. Ma si avverte anche che la vita non è semplice, che occorre lottare. Da uomo del sud quale mi considero (e come Wolfgang Rihm mi ha sempre definito) mi sono detto che Amburgo è talmente diversa dalle mie esperienze precedenti che forse era la scelta giusta da fare.»

Congedandosi da Basilea, in un'intervista lei Delnon ha detto che per un direttore di teatro a Amburgo è come essere al mercato e vendere i propri ortaggi. È un'immagine un po' forte ...

«Sì ma è davvero così. Sono nato e cresciuto in una realtà dov'era chiaro che si riceveva del denaro pubblico per fare un programma di teatro, d'opera e così via con una certa logica: si deve certamente avere un certo riscontro economico, soprattutto oggi, ma ciò che conta davvero è avere un "Bildungsauftrag" ossia svolgere un ruolo educativo. Amburgo si definisce talmente attraverso il business, l'import-export, il commercio - tutto in questa città è mercantile! Sento di essere in un luogo in cui devo vendere il mio prodotto e battere la concorrenza degli altri teatri e dei musical, che ogni sera attirano migliaia di persone. Questa pressione mercantile mi dice: vendi i tuoi ortaggi! E qui tutti lo fanno. Questo impone la ricerca di una modalità per entrare nella vita della città. E anche questo è comunque un aspetto di Amburgo che trovo molto stimolante.»

Nagano: «Se posso dire ancora qualcosa, Amburgo mi ricorda San Francisco, la città dove sono nato: certe caratteristiche sociali sono le stesse e anche l'odore che si respira è lo stesso. Mi fa pensare a casa!»

Delnon: «Per me che vengo dalle montagne della Svizzera lavorare con Kent Nagano, che viene dalla costa del Pacifico, lavorare in questa città è davvero una combinazione interessante.»

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