La classe del Testaccio

Nuove uscite per Giovanna Marini (su Pasolini) e Sylvie Genovese

Articolo
world

Giovanna Marini
Joi i soj / Ricordando Pasolini
Nota Records

Sylvie Genovese
Corde Migranti
SquiLibri

Non si rischiasse il triste avvitamento del luogo comune, verrebbe voglia di scrivere, in esergo a questa segnalazione: “Che gran scuola, quella Scuola”. Dove la Scuola celebrata è quella Popolare di Musica di Testaccio, creatura caparbia, appassionata e tenacemente aggrappata ad argomenti, musiche, parole decisamente fuori dal cono di luce dei media mainstream.

Alla Scuola di Testaccio ci si confronta, notoriamente, con lo strumento, con la voce, con l'insieme delle voci. E se l'approccio mette in conto di dotarsi progressivamente degli strumenti canonici per affrontare le note scritte, la Gran Signora della musica Giovanna Marini ha impostato anche (dal 1974!) decenni di insegnamento sul portare avanti una “coscienza critica” del funzionamento “altro” delle musiche che non appartengono al canone classico: ad esempio le note di tradizione orale e popolare. Il cui principale dato d'evidenza è di praticare costantemente il valore di fluttuazione delle intonazioni, cioè di evitare la trappola del sistema “ben temperato”, e di considerare certi intervalli perfettamente logici e utili, se logica del brano li richiede e se si sentono utili a esprimere qualcosa, anche se la manualistica classica troverebbe subito motivi di “dissonanza”.

La premessa per arrivare alla segnalazione di due splendidi lavori che, ancora una volta, ci rimandano echi ben strutturati del valore di chi fa musica alla Scuola intitolata al quartiere romano. Il primo è Joi i soj / Ricordando Pasolini. Registrazione dal vivo ( Nota Records) in diversi momenti tra l'ottobre e il novembre 2015 dell'oratorio scritto da Giovanna Marini per ricordare il grande poeta dell'indignazione quarant'anni dopo la tragica scomparsa. È terza volta che Giovanna Marini torna ad investigare la febbrile, visionaria eredità dell'autore degli Scritti corsari. Marini è affiancata dall'ensemble Coro Favorito, in pratica un “ritaglio” dai cori del Testaccio, Maestro del Coro Patrizia Rotonda. C'è voluto molto lavoro e molta dedizione per affrontare la partitura scritta da Marini, poi in qualche modo “trascesa” dal Coro dopo essere stata assorbita sillaba dopo sillaba: sì, perché il Coro Favorito è un insieme di voci naturali, non impostate, e realizza il piccolo miracolo di cui si parlava prima, quello di saper giocare, individualmente e collettivamente, con gli slittamenti e le micro-intonazioni.



Fattore tanto più decisivo, quanto più necessario in questo lavoro impegnativo, tutto costruito su testi dalla Lettera luterana, La meglio gioventù, La nuova gioventù, I turcs tal Friúl. Dunque testi in quel friulano di Casarsa che Pasolini identificava con una sorta di “purezza” non ancora squassata dai demoni consumistici, riconosciuti con un anticipo di un paio di decenni, quel Pasolini di cui scrive splendidamente Antonio Tabucchi quando dice che lui seppe diventare «con lucido coraggio il programmatico oppositore di un'Italia frivola e scriteriata che mi appare alle origini della società italiana attuale». In chiusura, con tutta la commozione del caso, la voce di Giovanna Marini sola per proporre lo straziato "Lamento per la morte di Pasolini", scritto a ridosso del tragico assassinio.

Un'altra Signora delle note e del canto che è colonna portante della Scuola di Testaccio è Sylvie Genovese, magnifica apolide dotata di un tocco “classico” sulla sei corde che sa diventare all'evenienza anche arpeggio popolare, furore appassionato, nudo accompagnamento a completare una voce tanto bella quanto screziata di angoli amari, forse un tratto di fascino in più. Genovese insegna chitarra alla Scuola, ma con Corde Migranti (SquiLibri) ha voluto e saputo fare punto e a capo di una vita che è trascorsa tra la Francia e l'America Latina, per approdare poi a Roma e al Testaccio. Ed ecco allora undici sostanziose tracce per voce e chitarra: si parte con "Los Hermanos" di Atahualpa Yupasnqui, si passa per George Brassens, Leon Gieco, la Napoli svanita di "I' te vurria vasà", tanti brani originali e di un'intensità sincera e quasi sconcertante, mettendo in conto anche una notevole canzone come "Brace", scritta assieme al grande Piero Brega che fu mente e poeta del Canzoniere del Lazio.

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