Oltre l'Americana

Il nuovo, splendido, lavoro degli Spain di Josh Haden

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Spain
Carolina
Glitterhouse

L’etichetta di "slowcore" con cui furono lanciati non ha più molto senso, per parlare degli Spain: piuttosto, il gruppo rientra oggi in quella grande zona franca che è la cosiddetta Americana, musiche che muovono dal country, dal folk statunitense ma che spesso interessano – e sono praticate – dai jazzisti (Bill Frisell, negli ultimi anni, su tutti). Maè tutto il gioco con etichette di questo tipo, in effetti, a non sembrare più particolarmente efficace: “The ‪#indie ‪#pop ‪#slowcore ‪#americana ‪#freejazz extravaganza”, si legge sul Twitter del gruppo… Nessuna definizione chiara, ma comunque un buon riassunto di quello che ci si può aspettare.

il legame con il jazz è qualcosa di più che una suggestione: Josh Haden – il titolare del progetto, intorno al quale sono girati negli oltre vent’anni di vita degli Spain musicisti sempre diversi – è, come è noto, figlio di Charlie (oltre che fratello delle Haden Triplets, trio di sorelle dedite a un genere simile). Il legame con il padre dice dunque anche delle radici di Haden senior, che esordì proprio come bassista country.



Questo Carolina, ha spiegato Josh, nasce proprio nel tentativo di «venire a capo con il sentimento di perdita e dolore che sto attraversando dopo la sua morte»: un padre complesso, ha raccontato in una recente intervista il musicista, con cui «non sempre è stato tutto rose e fiori»: «era un drogato, e attraverso mio padre, da bambino, ho visto molto del lato oscuro dell’umanità».

Con questi presupposti, non c’è da stupirsi che in Carolina dominino i toni scuri (che, peraltro, sono da sempre una cifra della band), con titoli come “The Depression” e “Apologies”. Rispetto al precedente lavoro, Sargent Place (2014), lo scarto decisivo lo garantisce la presenza di Kenny Lyon come chitarrista, polistrumentista e produttore – oltre che come spalla di Haden dal vivo, nel corso dell’ultimo tour. Lyon imprime al sound del disco una pasta unica, incentrata sul suono delle chitarra acustica e su caldi suoni elettrici, slide, pedal steel e qualche violino. Un lavoro tanto toccante e malinconico, quanto – tuttavia – cantabile: emergono temi, ritornelli che si piantano in testa. Un gran disco, insomma.

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