Riscoprire Andromaca

Il Festival Pergolesi Spontini inizia il 4 settembre

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Si apre con un concerto dedicato a Francesco Degrada, a dieci anni dalla scomparsa, la XV edizione del Festival Pergolesi Spontini, intitolato "Lacrimosa memoria, sorridente levità", dal 4 al 20 settembre a Jesi, Maiolati Spontini, Montecarotto, Ostra, San Marcello. L'appuntamento inaugurale è affidato alle voci di Eva Mei e Sara Mingardo accompagnate dall'Accademia Barocca de I Virtuosi Italiani in un sontuoso omaggio a Pergolesi, di cui proprio il musicologo milanese è stato il massimo esperto. Ci parlano del Festival Giovanni Oliva (nella foto piccola), consulente per le attività artistiche della Fondazione Pergolesi Spontini, e il musicologo Federico Agostinelli.

Professor Oliva, qual è stato il ruolo di Degrada nella ricerca intorno a Pergolesi di cui la Fondazione si è fatta promotrice, e che si è concretizzata nella pubblicazione del catalogo e nella rappresentazione integrale delle opere?

«Un ruolo decisivo, direi. Il suo apporto, lucido e coerente ma al tempo stesso aperto e per niente integralista, ha posto le basi per un metodo di analisi e di ricerca che ha messo in definitiva evidenza la parabola creativa - troppo breve purtroppo ma comunque densissima - del Nostro Draghi della Pergola. Siamo profondamente debitori nei confronti di Francesco Degrada per il lavoro fondamentale su documenti e partiture ma più in generale per averci additato una strada e averci dotato degli strumenti per percorrerla. A dieci anni dalla sua morte, il solco che lui ha tracciato è ancora quello nel quale ci si muove per un approfondimento costante e sempre più aggiornato».

Su Pergolesi la Fondazione ha fatto già molto; darete più spazio a Spontini d'ora in poi? E' senz'altro un compositore più "oscuro", e della cui vasta produzione di tanto in tanto torna alla luce qualcosa.

«Su entrambi i musicisti a cui la Fondazione di Jesi dedica il suo impegno da un quindicennio a questa parte ci sarà un importante Convegno all'interno del prossimo Festival; questo ci consentirà di fare il punto sugli studi a livello internazionale e di focalizzare la nostra attenzione sulle strade che potranno aprirsi per la programmazione futura. Il lavoro straordinario, e a tratti eroico, compiuto finora dalla Fondazione ha portato alla luce quasi per intero l'opera di Pergolesi e tante pagine di eccezionale interesse anche sul versante spontiniano che per molte evidenti ragioni è quello più impervio. L'attenzione costante che è stata messa in campo nei confronti di tutti i possibili canali ai quali attingere e la fittissima rete di contatti nazionali e internazionali che si sono potuti attivare nel tempo consentono continue "scoperte" che siamo felici ed orgogliosi di poter presentare al pubblico, come avverrà quest'anno per la versione per archi di pagine dalla Vestale e per la Scena e Aria per Andromaca del 1796».

Questa rarità spontiniana sarà presentata nel concerto dell' 11 settembre dal mezzosoprano Antonella Colaianni accompagnata dai Virtuosi Italiani, che eseguiranno per la prima volta in epoca moderna la scena ed aria "Cari figli alme innocenti", come si legge sul frontespizio del manoscritto autografo di Gaspare Spontini recentemente acquisito dal Comune di Majolati Spontini e conservato presso l'Archivio, Biblioteca, Museo Gaspare Spontini. Spiega Federico Agostinelli, che ne ha curato la revisione critica:

«Si tratta di una composizione giovanile della quale si ignorava del tutto l'esistenza fino a qualche anno fa, quando il manoscritto comparve improvvisamente sul mercato antiquario. Del resto sulla produzione italiana di Spontini (quella cioè antecedente al suo arrivo in Francia nel 1803) vi sono ancora molti aspetti oscuri e non c'è da stupirsi se ogni tanto viene alla luce qualche nuovo lavoro del quale non ci era pervenuta notizia alcuna. Le circostanze della composizione di questo brano ci sono per ora ignote, così come lo è l'autore dei versi letterari; in attesa di nuovi riscontri possiamo per il momento avanzare solo qualche supposizione partendo dagli elementi che ci offre il manoscritto. La parte vocale è scritta in chiave di soprano e considerando la gravità della tessitura e l'anno della composizione con tutta probabilità il brano era destinato ad un castrato. Inoltre alcune indicazioni di taglio ed alcuni interventi di adattamento della linea vocale per alzarne il registro (molti di essi certamente effettuati da Spontini stesso) ci testimoniano di un'utilizzazione pratica di questo brano, forse in più occasioni e dunque l'ipotesi più probabile è che si tratti di un'aria di baule. Meno probabile, ma non da escludersi a priori, è che questo brano fosse in origine un saggio di esercitazione accademica e che in un secondo momento Spontini abbia avuto occasione di adattarlo per le scene, il che fornirebbe una spiegazione alle modifiche di cui l'autografo reca traccia. Il brano è diviso in due sezioni distinte, un Recitativo accompagnato ed un'Aria, a sua volta bipartita - prima sezione Larghetto, seconda Allegro con Spirito - e la scena rappresenta Andromaca, sposa di Ettore, mentre dà l'estremo addio ai figlioletti prima di salire i gradini del patibolo. Se confrontiamo questa Andromaca con I puntigli delle donne, l'opera buffa che nello stesso anno Spontini compose per le scene romane, non possiamo non notare il diverso livello di consapevolezza drammatica che questa pagina rivela: tutte le sfaccettature del monologo della protagonista sono sapientemente evidenziate e la musica si piega a sottolineare le diverse sfumature ed i vari accenti, ora lirico, ora patetico, ora nostalgico, ora rassegnato, che il testo evoca con un uso già maturo dei mezzi espressivi e della tavolozza armonica. Sin dai primi anni, dunque, Spontini manifestava per quel genere drammatico che gli dette in seguito tanta gloria una particolare propensione».

A proposito delle opere più note di Spontini, Professor Oliva, pensa che la Fondazione riuscirà in futuro a mettere in scena titoli impegnativi come Vestale, Agnes, Fernand Cortez, magari attraverso delle coproduzioni?

«Era e rimane il nostro sogno; il problema è di "spazi" in tutti i sensi, non solo dal punto di vista strettamente economico. L'imponenza dei titoli spontiniani pensati per Parigi e Berlino non richiede soltanto mezzi produttivi di un certo tipo ma anche strutture adeguate per poterne ospitare la gestazione. Tenga conto oltretutto che da Jesi, così come avvenuto per Pergolesi, è logico attendersi edizioni di riferimento che possano rappresentare qualcosa di più di un semplice "debito assolto" con la missione che ci si è posti come obiettivo; per questa ragione non è soltanto alle co-produzioni in senso stretto che stiamo lavorando ma all'assunzione di un vero e proprio ruolo da protagonisti per tutto lo Spontini che viene progettato almeno in Europa. Siamo per questo attivissimi sul versante editoriale e stiamo diventando un polo di attrazione che mira ad essere sempre più rilevante per dare al majolatese il posto che merita sulla ribalta internazionale. Già nel 2016 saranno evidenti i risultati in questo senso e per il futuro ulteriore la strada è tracciata: certo se un giorno potessimo contare sui mezzi che accompagnano il fortunato ed esaltante percorso di altre realtà festivaliere potremmo pensare ancora più in grande».

Il festival, particolarmente quest'anno, si configura come una manifestazione variegata, un po' per tutti, che propone sì un repertorio per un pubblico di esperti, ma anche musica popolare e popular, intrecciando forti legami con il territorio. Pensa che sia importante che le manifestazioni musicali abbiano uno spessore culturale, al di là della necessità di richiamo del pubblico?

«È stato Roman Vlad nei meravigliosi anni in cui l'ho conosciuto e ho lavorato con lui a Ravenna a insegnarmi che un Festival, e non solo per la radice del vocabolo, è una festa. E in una festa, solenne o divertente che sia, ci si aspetta che accada qualcosa che non appartiene al resto della quotidianità: per questo ho immaginato concerti altamente celebrativi come quello inaugurale, programmi di ricerca come quello pensato assieme a Giulio Prandi per la Solenne Celebrazione Eucaristica del 13 settembre (con Durante, Leo e David Perez eseguiti in Cattedrale nei momenti dell'ordinario) o come quello su Nicolini (coprodotto col Festival Soave sia il vento con il prezioso consiglio di Paologiovanni Maione), una serata con Francesco Santoli e Simone Di Crescenzo in cui Spontini "parla" attraverso musica e lettere autografe e poi impaginazioni inusuali con Andromaca e la Neris di Medea tra tre Sinfonie di Haydn, il cinema d'epoca (con un ritratto di Pergolesi assai suggestivo nella sua inattendibilità datato 1932), il teatro come terapia per il disagio nello spettacolo curato da Silvano Sbarbati e la musica popolare napoletana e marchigiana per un doveroso omaggio alle radici che sono comuni anche a tanta musica d'arte. E infine il teatro in musica con la Commedia Ridicolosa che Adria Mortari ha scritto e porterà in scena ambientandola durante una prova de Lo frate'nnamorato (e per la quale Antonello Paliotti ha riscritto e strumentato musica da Orlando di Lasso ai Beatles) e la nuova produzione che Gabriele Marchesini curerà dedicandola a Valeria Moriconi, anch'essa come Degrada scomparsa dieci anni fa, con un diario della memoria letto da Lucia Bendia e accompagnato dall'arpa di Susanna Bertuccioli. Mi pare ci possano essere stimoli a sufficienza per non venir meno a un impegno di adeguato spessore culturale rivolto ad un pubblico che mi piacerebbe fosse anche assai numeroso e coinvolto».

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