Un tranquillo Weeknd di follia

L'infelice edonismo di Abel Tesfaye, nuovo divo black

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pop

The Weeknd
Beauty Behind the Madness
Republic

Tuttora candidato a diventare uno dei nuovi campioni della black music, nonostante il mezzo passo falso compiuto due anni fa con Kiss Land, seguito ai folgoranti capitoli di Trilogy (originariamente gratuiti sul web e poi riuniti in prodotto discografico), il venticinquenne Abel Tesfaye, canadese di Toronto, avrebbe molte ragioni per essere di buon umore. Così non è, però. Quanto meno se si dà retta a ciò che racconta in versi nelle canzoni: storie da superattico condite con sesso e sostanze proibite, vissute quasi senza emozione, come se soffrisse di alessitimia. Tipo: "Quando sono rovinato, ecco il vero me stesso", canta in "The Hills", pigro R&B carico di spleen. Eppure è un asso, non c'è dubbio: "Can't Feel My Face", con la sua melodia ascensionale e un giro di basso che uccide, è uno dei pezzi dell'estate, se non dell'anno intero, mentre la complessità di "Losers", fatta di accenti latini, ritmo claudicante ed epilogo vaudeville, ne avvalora le ambizioni.



Né gli manca un accesso privilegiato al mainstream: lo dimostra il gotico valzer "Earned It", già trapelato al cinema attraverso Cinquanta sfumature di grigio, ma anche la scelta degli ospiti, dall'algida diva Lana Del Rey al pel di carota inglese Ed Sheeran. La sua marcia di avvicinamento al principale archetipo di riferimento, ossia Michael Jackson, procede frattanto speditamente: Beauty Behind the Madness è l'album più pop fin qui realizzato da lui in carriera, ormai distante dalle cupezze scabrose - ma sublimemente affascinanti - degli esordi. E dunque? C'è che qualcosa suona posticcio, come ottone travestito da oro: "Shameless" è talmente ruffiana da rasentare il kitsch, "As You Are" mostra un eccesso di convenzionalità e la conclusiva "Angel" diviene melensa quando a chiuderla arriva un coro di bambini.

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