Il blog dal Premio Tenco / sabato 14

Afrobeat a tarda notte e il ritorno del "figliol prodigo" Morgan per l'ultima serata dell'edizione 2009

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Francesco Guccini è apparso sul palcoscenico dell'Ariston per premiare "Flaco" Biondini, chitarrista oriundo argentino che ha messo le mani in molte produzioni storiche della canzone d'autore. Ma ben più del suo discorso istituzionale, il cantautore emiliano (che non si è esibito) ha mosso gli animi della comunità degli addetti ai lavori - in via di scioglimento dopo tre giorni intensi - con la sua uscita notturna sul palco del Dopotenco: «ho lungamente discusso con Mara Maionchi e la Celentano. Il concorrente Morgan, non è passato». Con l'ironia su X Factor e sulle frequentazioni televisive del "pupillo" del Club Tenco (un "figlio difficile", lo ha definito acutamente il presentatore storico della rassegna, Antonio Silva) si è simbolicamente chiusa la trentaquattresima edizione del Premio Tenco. La battuta dà il via alle interpretazioni, che rimbalzano da una tavolata all'altra. Guccini scherzava? Era una critica? Qualcuno in sala parla di Morgan e del suo "strano" rapporto con la canzone d'autore istituzionale nei termini di un complesso edipico irrisolto. In quel momento comincia a suonare un improvvisato supergruppo afro-beat che in cinque minuti si gaudagna la palma di miglior nuova proposta 2009 (non ce ne voglia Mannarino, secondo classificato. Gli altri "esordienti" a distanza). Mauro Pagani al violino, Enzo Avitabile al sax e Badara Seck alla voce tirano avanti mezz'ora buona di omaggio a Fela Kuti rilanciato tra Senegal e Scampia, memorabile. Sorpresa nella sorpresa: il potente drumming fornito da Z-Star, passata in un minuto da Nina Simone (che ha omaggiato nel corso della serata) a Tony Allen.
La serata in teatro non ha purtroppo offerto le stesse emozioni: dopo i fasti del venerdì sera, si è visto un programma più frammentato, e con alcuni punti bassi. Divide l'uditorio l'apertura affidata a Morgan. Il cantante si destreggia in una selva di tastiere vintage, iPhone e metallofoni assortiti. Vero progressive rock, come quello che si faceva una volta, e che come quello che si faceva una volta è a costante rischio di strafare, di spingere la soglia del virtuosismo, del citazionismo, del "pieno" musicale quel centimetro oltre il buongusto. Ad ogni modo, Morgan - piaccia o no - manovra le forme con competenza e intelligenza, e brilla non solo in virtù della fiacchezza della serata. Ottimo sulle sue canzoni, sembra però non conquistare tutti con le cover translinguistiche dei primi cantautori, incluse nel recente album a suo nome.
Dopo Morgan, una delle punte la tocca senz'altro Dente, approdato infine al Tenco con le sue canzoni d'amore surreali. Sua la "frase del giorno": «grazie a Luigi Tenco per averci chiamato a suonare qui». Pubblico (ricordate, i nostalgici di cui parlavamo ieri?) vagamente spiazzato. Solo Pagani, in veste di "sponsor" di Badara Seck e Z-Star, riesce a smuovere tutta la platea. La sua "Domani", presentata al Tenco in tempi non sospetti (cioè prima di diventare la "We are the World" nostrana), rientra all'Ariston in versione nuovamente sobria, ed è una degna conclusione.

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