Il blog del Premio della Critica al Busoni / 28 agosto

Il secondo giorno al Premio Busoni di Monique Ciola, membro della giuria del Premio della Critica

Articolo
classica
Se i partecipanti ad un concorso potessero fare anche solo un'esperienza in giuria prima di esibirsi, risparmierebbero una gran fetta d'agitazione. Molti musicisti ricordano chiaramente il nodo allo stomaco che produce la vista del tavolo della giuria, anche se vuoto, o il senso d'inquisizione quando si sale sul palco e si vede schierato, davanti a sé, un gruppo di ormai famosi in severo silenzio. Quando si passa dall'altra parte della barricata, cambia evidentemente la prospettiva, ma si ridimensiona notevolmente anche l'intera questione. Quelli che sembravano giudici ostili ed inflessibili, in realtà si scoprono essere musicisti come noi, che hanno vissuto sulla propria pelle la stessa gavetta e che, absolutely friendly, sono molto interessati ad incontrare un nuovo talento, ascoltare una nuova interpretazione o scoprire un nuovo pezzo da inserire in repertorio.

Così è stato ieri, per esempio, con la scoperta della Toccata di Petrassi (inserita nel programma dall'italiano Gesualdo Coggi), come ci ha raccontato Oliver Kern. Il consiglio è quindi quello di limitare l'ansia da concorso, poiché tutti i candidati, seppur talentuosi, alla fine devono fare i conti con la propria emotività, ed ognuno reagisce in modo diverso, come abbiamo visto ieri alle prove: chi acquista sicurezza e riesce a convincere man mano che si scalda, chi all'opposto comincia a cedere con la stanchezza e chi invece, vinto dall'insicurezza, rinuncia a suscitare interesse subito dopo poche battute.

Ma veniamo alle performance di ieri. L'ascolto dei nove candidati ha confermato ancora una volta il mio sospetto che la qualità più ambita dai giovani pianisti sia la potenza. Giovani virgulti e gentili fanciulle hanno gareggiato tra loro per produrre il suono più forte ed aggressivo. Sembra che i pianisti delle ultime generazioni, forse tecnicamente superiori al passato, prediligano il fortissimo con quattro f e conoscano esclusivamente il pianissimo creato dal pedale sinistro. Forse trascorrere un tempo più lungo sulle pagine del repertorio settecentesco aiuterebbe loro a suonare con meno muscolo (nel forte) e maggiore verità (nel piano) - e qualcuno ieri lo ha dimostrato. Per quanto riguarda i programmi, dopo ore di ascolti tra Busoni Super Carmen, Liszt e Chopin, abbiamo apprezzato il respiro dato dalle scelte dell'unico concorrente inglese, Chistopher Devine, che ha scelto un'Elegia di Busoni ed alcune pagine di Brahms e Debussy. Devine è stato (e sarà) inoltre l'unico candidato a cambiare pianoforte. I concorrenti del Busoni hanno, infatti, la possibilità di scegliere tra due Steinway, entrambi procurati e seguiti tecnicamente da Giulio Passadori, il concessionario di zona. Lo strumento scelto dal candidato inglese viene da New York, mentre quello utilizzato da tutti gli altri è stato prodotto ad Amburgo. A grandi linee, il secondo pianoforte suona con un timbro più aperto e brillante del primo. "Solitamente i pianisti scelgono uno strumento in relazione non tanto al repertorio che vi devono eseguire - ci ha spiegato ieri sera Passadori - quanto a come si sentono sulla tastiera, per essere più a loro agio e dare il meglio".

Oggi si prosegue con l'ultima giornata della fase semifinale solistica (h 10, h 16, h 20.30; ricordo la diretta sul sito del concorso). Ascolteremo gli ultimi sette pianisti ed attenderemo il verdetto della giuria presieduta dalla Zilberstein per sapere chi saranno i 12 a proseguire il concorso. Prima di tornare a sederci al tavolo dei nodi allo stomaco, in questo giorno di primo verdetto, ci piacerebbe ricordare una dichiarazione di András Schiff, pubblicata mesi fa su International Piano e che recitava all'incirca così: "Se un pianista nella sua vita crea anche una sola opera eccezionale, al di sopra dell'ordinario, questo non è un caso". Mi sembra un ottimo punto di partenza.

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